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trauma coloniale: un pomeriggio con Samah Jabr

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La psichiatra palestinese Samah Jabr è una figura di riferimento nel campo della salute mentale nei territori occupati. Con una lunga esperienza sia clinica che istituzionale, oggi opera come consulente per operatori sanitari, sociali, volontari e leader comunitari, in particolare nella Striscia di Gaza. Abbiamo avuto occasione di ascoltare il suo contributo durante due iniziative promosse dal CSC del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona: una lezione aperta rivolta al pubblico universitario e un incontro con associazioni attive sui temi dei diritti umani, della pace e del benessere psicologico. Entrambe le occasioni hanno permesso di approfondire un approccio alla salute mentale che integra l’esperienza clinica con una forte consapevolezza del contesto sociale e politico . Ciò che ha colpito non è stato solo il racconto delle atrocità quotidiane vissute nei territori occupati; anzi, la stessa Jabr ci invita a non ridurre la complessità della condizione palestinese al...

territorializzare le strategie

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Recentemente, giungono da più parti inviti a considerare fenomeni come la salute all’interno di coordinate geografiche e territoriali.   L’approccio One Health evidenzia che la salute non può essere considerata in modo isolato, ma deve essere compresa come il risultato di complesse interazioni tra ambiente, società ed economia. Il modello One Health sottolinea il legame inscindibile tra salute umana, salute animale e ambiente, e sottolinea che la salute è fortemente condizionata dall’ambiente circostante, dagli ecosistemi e dalle dinamiche socioeconomiche.  Lo scorso gennaio,  un articolo uscito su Nature Medicine  ha sottolineato come in assenza di adeguate strategie di adattamento, l’aumento delle morti legate alle ondate di calore supererà in modo significativo la riduzione delle morti dovute al freddo in tutta Europa. Il fenomeno risulta evidente in ogni scenario climatico e demografico analizzato, con effetti particolarmente marcati nello scenario peggiore (SSP...

la fai facile

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È consigliabile che la facilitazione del processo partecipativo non sia gestita in autonomia dagli amministratori locali, bensì sia affidata a esperti esterni all’organizzazione (Bobbio e Pomatto, 2008) La promozione di  policy making  partecipativi è parte di un repertorio che, nell'ultimo decennio, ha trovato riscontro anche in leggi interessanti: il Decreto Legislativo 117 del 2017 (meglio noto come Codice del Terzo Settore ), che istituisce co-programmazione e co-progettazione, le leggi regionali e i regolamenti comunali che normano i patti di collaborazione, cui si aggiunge il pulviscolo di norme che creano spazi di possibilità per partenariati pubblico-privato e introducono maggiore trasparenza.  Il messaggio arrivato da quel periodo di lavori parlamentari e ministeriali è chiaro: bisogna aumentare gli spazi di partecipazione. Ma per chi?  Da questo punto di vista, le norme sono piuttosto aperte: si prediligono i soggetti organizzati (associazioni, cooperative,...

i paradossi della meritocrazia

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Nonostante l’ aumento significativo della disuguaglianza di reddito in Occidente negli ultimi decenni, sorprendentemente, ciò che sorprende è che non ci sia stato un interesse e una sollevazione simmetrica all'entità del problema nella cittadinanza; il divario socioeconomico non sembra essere al centro delle preoccupazioni delle persone. Un  lavoro di ricerca di Mijs e Savage (2020)  si propone di analizzare le sfaccettature di questo apparente paradosso. In generale, la letteratura scientifica offre diverse spiegazioni plausibili al perché le persone non si appassionino alle disuguaglianze di cui sono esse stesse protagoniste e vittime, riconducibili a tre macroaree principali: cognizione, morale ed esperienza di vita. A livello cognitivo, è dimostrato che molte persone non conoscono l’entità reale della disuguaglianza economica , spesso a causa di disinformazione: cittadine e cittadini, infatti, tendono a sottostimare la portata del divario economico nei loro Paesi – f...

al centro delle collaborazioni: gli oggetti di confine

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Eugene Shein, nel contesto degli studi organizzativi, si riferisce agli artefatti come a quegli elementi visibili e tangibili che caratterizzano un'organizzazione. Gli artefatti includono tutto ciò che può essere visto o sentito all'interno di un'organizzazione quando si visita o si partecipa alla vita quotidiana dell'organizzazione stessa; includono caratteristiche materiali, come l'architettura dell'edificio, il layout degli uffici, il codice di abbigliamento, o immateriali, come le pratiche lavorative, le cerimonie, i rituali, le storie condivise, il linguaggio e qualsiasi altro elemento tangibile o manifestazione della cultura organizzativa. Shein sostiene che, sebbene gli artefatti siano il livello più evidente della cultura di un'organizzazione, sono anche i più difficili da interpretare perché le stesse pratiche o simboli possono avere significati molto diversi in contesti culturali diversi. Negli studi organizzativi, dunque, e in generale nelle Scien...

disuguaglianze di reddito e depressione

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Tra le determinanti sociali della salute e della salute mentale la disoccupazione occupa un ruolo centrale; tuttavia, potrebbe non essere solo la mancanza di lavoro, ma anche il fatto che cresce la percentuale di salari insufficienti a coprire le necessità primarie a costituire una minaccia. È proprio questa la domanda di ricerca principale del paper Income inequality and depression: a systematic review and meta‐analysis of the association and a scoping review of mechanisms è se la disuguaglianza di reddito sia associata alla prevalenza di depressione nella popolazione e, in caso affermativo, quali potrebbero essere i meccanismi e i percorsi che spiegano questa associazione.  Gli autori provengono da diversi Paesi negli USA, in India e in Gran Bretagna, e hanno analizzato 26 studi, selezionati da un totale di 1894 record e tra 81 articoli che sono stati valutati per l'eleggibilità, in linea con le linee-guida PRISMA ( Preferred Reporting Items for Systematic Reviews and Meta-...

5 punti per un programma di sviluppo della psicologia di comunità

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Nell’ultimo numero del Journal of Community Psychology , Kivell e colleghi lanciano una sfida alla Psicologia di Comunità statunitense ed europea. L'articolo è una rassegna descrittiva delle componenti fondamentali della trasformazione e concretizza la disamina dei lavori attuali in una proposta di prassi trasformativa. La revisione si concentra sui lavori pubblicati nelle riviste nordamericane di Psicologia di Comunità, e categorizza sette dimensioni fondamentali per iniziare e sostenere una prassi trasformativa. Gli autori definiscono la prassi trasformativa come un processo di riflessione critica e di azione per sfidare e trasformare strutture e sistemi oppressivi. Si tratta di lavorare in collaborazione con le comunità per sviluppare una visione condivisa che abbia un impatto tangibile sulla vita dei membri della comunità. La prassi trasformativa si fonda su epistemologie e prassi critiche e liberatorie e mira a creare sistemi più giusti ed equi. La prima dimensione della pras...