la fai facile

È consigliabile che la facilitazione del processo partecipativo non sia gestita in autonomia dagli amministratori locali, bensì sia affidata a esperti esterni all’organizzazione (Bobbio e Pomatto, 2008)

La promozione di policy making partecipativi è parte di un repertorio che, nell'ultimo decennio, ha trovato riscontro anche in leggi interessanti: il Decreto Legislativo 117 del 2017 (meglio noto come Codice del Terzo Settore), che istituisce co-programmazione e co-progettazione, le leggi regionali e i regolamenti comunali che normano i patti di collaborazione, cui si aggiunge il pulviscolo di norme che creano spazi di possibilità per partenariati pubblico-privato e introducono maggiore trasparenza. 


Il messaggio arrivato da quel periodo di lavori parlamentari e ministeriali è chiaro: bisogna aumentare gli spazi di partecipazione. Ma per chi? 

Da questo punto di vista, le norme sono piuttosto aperte: si prediligono i soggetti organizzati (associazioni, cooperative, fondazioni), ma c'è la possibilità che a partecipare siano anche cittadini non composti in forme associative o cooperative. Eppure, se facessimo un sondaggio nella popolazione generale, scopriremmo che in poche e pochi sono al corrente di queste possibilità, e ancora meno sono quanti hanno preso parte effettivamente a percorsi di policy making con le istituzioni. 

Come mai le istituzioni sono così restie a mettere in campo simili contesti? Fondamentealmente i motivi riscontrabili sono due: 
  1. pregiudizio - si ritiene la partecipazione un fenomeno rumoroso, caotico, poco produttivo e pesante, un campo in cui le realtà e i soggetti coinvolti tendono a lamentarsi più che a contribuire;
  2. conservazione del potere - i contesti partecipativi ridefiniscono i rapporti di potere, mettendo le istituzioni allo stesso livello della cittadinanza nella presa di decisioni, motivo per cui molti decisori politici preferiscono evitarli. 
La facilitazione sociale è quel processo che aiuta le istituzioni, le associazioni, le cooperative, i comitati, le organizzazioni in generale e la cittadinanza non organizzata a trovare un campo di collaborazione in cui poter prendere parola, esprimere un bisogno, sentir rappresentata una propria istanza e in cui poter dare forma a una risposta che tenga conto al proprio punto di vista. È strettamente legata alla costruzione di senso di comunità. 

Esistono diversi approcci disciplinari alla facilitazione sociale. C'è quello del design, che parte da artefatti pre-esistenti (schede e format come le personas, le schede progetto, le onde del cambiamento ecc.) e costruisce le regole di funzionamento del setting facendole coincidere con la compilazione/l'uso degli stessi; c'è quello creativo-educativo, che fa leva sul pensiero immaginativo e sul lavorare insieme alla creazione di un artefatto per far emergere dimensioni non scontate; c'è quello della psicologia di comunità, che crea i setting su misura in base alla composizione della piattaforma di partecipanti, e lavora principalmente al far emergere una dinamica collaborativa che diluisca e superi le differenze di status. 

Se desideri approfondire il tema, hai la possibilità di parlare con il nostro referente Armando Toscano: 3661405036. 

 

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