i paradossi della meritocrazia
Nonostante l’aumento significativo della disuguaglianza di reddito in Occidente negli ultimi decenni, sorprendentemente, ciò che sorprende è che non ci sia stato un interesse e una sollevazione simmetrica all'entità del problema nella cittadinanza; il divario socioeconomico non sembra essere al centro delle preoccupazioni delle persone. Un lavoro di ricerca di Mijs e Savage (2020) si propone di analizzare le sfaccettature di questo apparente paradosso.
In generale, la letteratura scientifica offre diverse spiegazioni plausibili al perché le persone non si appassionino alle disuguaglianze di cui sono esse stesse protagoniste e vittime, riconducibili a tre macroaree principali: cognizione, morale ed esperienza di vita.
A livello cognitivo, è dimostrato che molte persone non conoscono l’entità reale della disuguaglianza economica, spesso a causa di disinformazione: cittadine e cittadini, infatti, tendono a sottostimare la portata del divario economico nei loro Paesi – fenomeno osservato negli Stati uniti, nelle società europee e latinoamericane.
Da un punto di vista morale, l’adattamento psicologico gioca un ruolo cruciale. La convinzione di vivere in un mondo giusto porta a legittimare la disuguaglianza, aumentando la tolleranza nei suoi confronti; detto in altri termini, se sei vittima di disuguaglianza è perché in un qualche misura te lo meriti.
L’ultimo punto, invece, merita particolare attenzione, perché mostra come la riproduzione e la diffusione di disuguaglianze possa mutarsi in organizzazione sociale. L’aumento della disuguaglianza genera una maggiore segregazione, riducendo le opportunità di interazione tra persone appartenenti a diverse classi sociali. L'isolamento rende meno visibile il divario ricchi-poveri, perché i gruppi sociali tendono a vivere in contesti distinti e separati, spesso definiti da istituzioni diverse. Inoltre, le credenze e le percezioni individuali sono influenzate dal contesto sociale in cui si vive. Questo porta spesso a sottovalutare le cause strutturali della disuguaglianza, percepita invece come “meritocraticamente giustificata”. Le ricerche dimostrano che molte persone ritengono il successo determinato esclusivamente da talento e impegno personale, trascurando l’impatto di fattori esterni come l’ambiente familiare o le condizioni socioeconomiche di partenza.
Lo studio di Mijs e Savage si basa sui dati dell’International Social Survey Program (ISSP), che analizza le risposte di 49.383 cittadini in 23 Paesi tra il 1987 e il 2012. L’obiettivo è esplorare la relazione tra disuguaglianza socioeconomica e percezioni dei cittadini, partendo da due ipotesi principali:
- nei Paesi con maggiore disuguaglianza, le persone tendono ad avere credenze meritocratiche e a preoccuparsi meno del divario economico;
- coloro che attribuiscono la disuguaglianza a cause strutturali sono invece più inclini a preoccuparsi per essa.
I risultati confermano le ipotesi: nei Paesi con elevata disuguaglianza, i cittadini credono maggiormente che il successo dipenda dal merito e attribuiscono meno importanza ai fattori strutturali, come la ricchezza familiare. Inoltre, la classe sociale, il grado di istruzione e la mobilità sociale influenzano significativamente le credenze. La classe lavoratrice, ad esempio, tende a interpretare la disuguaglianza in termini strutturali, mentre le classi medie e alte adottano spiegazioni meritocratiche.
Gli autori, sulla base dei risultati, avanzano l’ipotesi che, nei Paesi più diseguali, le credenze meritocratiche non solo riducano la preoccupazione per la disuguaglianza, ma contribuiscono a perpetuarla. Le analisi mostrano che una visione meritocratica diminuisce le preoccupazioni verso il divario socioeconomico, mentre una visione legata a cause strutturali le aumenta. Un’ulteriore evidenza è che le preoccupazioni per la disuguaglianza derivano soprattutto dalla percezione che essa sia il risultato di processi strutturali ingiusti, piuttosto che di un sistema meritocratico.
Concludendo, Mijs e Savage spiegano perché la crescente disuguaglianza socioeconomica non susciti maggiore preoccupazione popolare, proponendo che la percezione meritocratica della società sia un fattore chiave. Nonostante l’aumento delle disuguaglianze dagli anni ’80, la convinzione che povertà e ricchezza dipendano dal merito personale è rimasta forte, soprattutto nelle società più diseguali. Si ipotizza che un ciclo di feedback tra disuguaglianza e percezioni distorte possa spiegare l’assenza di reazioni collettive significative. Rompere questo ciclo è necessario e di assoluta urgenza.