lavorare me(glio)no, lavorare tutti

"Job shortage" significa carenza di lavoro o mancanza di posti di lavoro disponibili. Questo termine si riferisce alla situazione in cui ci sono più lavoratori in cerca di lavoro rispetto ai posti di lavoro disponibili. La carenza di lavoro può essere causata da diversi fattori, come la recessione economica, la mancanza di competenze specifiche richieste per determinati lavori o la dislocazione geografica dei posti di lavoro. 


Quello della carenza di lavoro è stato identificato come un problema importante in molte economie europee; l'aumento dei tassi di vacancy dopo la recessione del 2008-2011, ripropostosi anche dopo la pandemia di Covid-19, costituiscono segnali importanti circa l’entità del fenomeno. Recentemente se ne è parlato sui giornali in relazione al fatto che, durante il click day per il cosiddetto decreto flussi, le richieste dei datori di lavoro hanno superato del 300% i lavoratori disponibili. Si è incolpato spesso il Reddito di Cittadinanza per l’assenza di lavoratori disponibili sul mercato, ma in realtà è un problema condiviso in molte economie avanzate europee: il 5.1% della domanda di lavoro nei Paesi Bassi, il 4.9% in Repubblica Ceca, il 4.8% in Austria rimane senza risposta. 

I datori di lavoro considerano il reperimento di lavoratori qualificati come un’impresa difficoltosa, soprattutto per via della mancanza di competenze tecniche nell’ambito delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Commissione Europea sta cercando di affrontare le cause del fenomeno, che vede carenza in alcuni ambiti e un surplus in altri. 

Una risposta importante arriva dal policy paper pubblicato dalla European Trade Union Institute, un’organizzazione-ombrello che tiene insieme i sindacati di tutta Europa. Dalla ricerca emerge in modo evidente che i salari possono influire sulla carenza di lavoro in modo significativo: salari più alti e migliori condizioni di lavoro possono attirare e trattenere i lavoratori, specialmente in lavori che richiedono competenze specifiche o che sono fisicamente impegnativi. Inoltre, quando il mercato del lavoro è ristretto (cioè quando ci sono pochi disoccupati e molte offerte di lavoro), i lavoratori hanno maggior potere contrattuale per negoziare salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Ciò può portare a un aumento dei salari e delle condizioni di lavoro anche per i lavoratori meno qualificati o svantaggiati. Tuttavia, il documento sottolinea che la soluzione alla carenza di lavoro non è solo aumentare i salari, ma anche migliorare la qualità del lavoro in generale.

In Italia, il 29.6% dei lavoratori e delle lavoratrici guadagna meno di 10mila euro all’anno, e la stragrande maggioranza si colloca al di sotto dei 35mila euro. Inoltre, i redditi non sono cresciuti nei dieci anni compresi tra il 2009 e il 2019, ma anzi sono calati dell’1% considerando gli stipendi reali (ossia aggiustati in base all’inflazione e al potere d’acquisto). Si tratta dunque di un mercato del lavoro caratterizzato da stasi, che va a sommarsi alla tendente precarietà (in inversione di rotta negli ultimi mesi) e alla bassa qualificazione nel disegnare un quadro di crisi. 

Lavoro e salute mentale sono fortemente interconnessi. Come indica l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tra i rischi per la salute mentale si possono annoverare il sottoutilizzo delle proprie competenze o il non avere abbastanza competenze per un’occupazione, non avere ruoli chiari, orari eccessivamente lunghi, paga inadeguata e precarietà. Un documento congiunto dell’OMS e dell’International Labour Organization identifica dieci aree di intervento nelle organizzazioni per promuovere la salute mentale e prevenirne il decadimento: job content/task design, carico di lavoro, work schedule, job control, equipaggiamento, cultura organizzativa, relazioni interpersonali, ruolo e sviluppo di carriera; non sono presenti riferimenti all’adeguatezza delle retribuzioni. 




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