il quartiere come unità di analisi e di intervento

Come affermò Cooley nel 1909, l’abitare produce vicinato, ossia un fenomeno insieme sociale e geografico. Nell’antico insediamento di Matera, il termine vicinato indicava le unità di case intorno a uno stesso cortile, nonché cellule della comunità urbana basate sullo scambio e sulla collaborazione; nelle scienze sociali il termine è venuto ad acquisire più significati, ma sempre all’interno della connotazione spaziale e comunitaria insieme (e.g. Carmon, 2001). 


Nelle città contemporanee, i vicinati sono aggregati in grado di rappresentare insiemi piuttosto omogenei di persone. I sociologi Sampson e Graif (2009), ad esempio, identificano una tipologia di quartieri articolata in quattro cluster, sulla base dei livelli di efficacia collettiva (quanto gli abitanti si sentano in grado di incidere sul cambiamento), capacità organizzativa (indica la capacità degli abitanti di mettere in atto azioni collettive), legami e reti sociali (quanto estese e forti sono le relazioni tra gli abitanti) e clima normativo (il grado di tolleranza rispetto a condotte devianti), che sono le dimensioni costitutive del capitale sociale. Il primo cluster è denominato alienazione istituzionale: rappresenta quei quartieri in cui l’efficacia collettiva è bassa e i legami scarsi, che si accompagnano tipicamente a livelli di benessere inferiori e a una più alta concentrazione di disagio sociale ed economico. Il secondo cluster è denominato normatività del comportamento, e include i quartieri in cui gli abitanti si trovano d’accordo sulle norme di comportamento, in particolare dei giovani; al tempo stesso presentano livelli bassi su tutti gli altri aspetti. Il terzo cluster è detto efficacia cosmopolita, ed è caratterizzato da un’elevata efficacia collettiva, ma da scarse reti sociali. Infine, il quarto cluster è chiamato Urban Village, e riporta livelli alti su tutte le dimensioni, a parte quella normativa. 

Secondo Perkins e Long (2002) esiste una relazione tra capitale sociale e senso di comunità, nella misura in cui il primo si riferisce alle norme, alle reti e alla fiducia reciproca, mentre il secondo alla qualità della vita comunitaria. Lo studio identifica, tramite un’analisi multi-livello, che a livello di vicinato gli atteggiamenti e i climi sociali tendono a essere omogenei, e che quindi la dimensione del quartiere può essere utile per analizzare alcuni fenomeni urbani. Inoltre, il senso di comunità riesce a predire la partecipazione a iniziative di organizzazione di comunità e l’efficacia collettiva, e può essere utilizzato come griglia di analisi preliminare per i community organizer che volessero intervenire in un territorio. 

Carmon N. (2001), “Neighborhood: general”, in Smelser N.J., Baltes P.B., International Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences, Elsevier, London.

Sampson, R. J., & Graif, C. (2009). Neighborhood social capital as differential social organization: Resident and leadership dimensions. American Behavioral Scientist, 52(11), 1579-1605. https://doi.org/10.1177/0002764209331527

Perkins, D. D., & Long, D. A. (2002). Neighborhood Sense of Community and Social Capital: A Multi-Level Analysis. Psychological Sense of Community: Research, Applications, and Implications, 291-318.

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