psicologia di comunità: la sfida di un sociale contemporaneo

Le lenti della Social Dominance Theory mostrano un sociale organizzato in gruppi, da intendersi in questo caso più come categorie che come gruppi in senso stretto. Stante la definizione enciclopedica per cui i gruppi sociali sono aggregati umani interrelati, nell’accezione della Social Dominance Theory (e.g. Pratto e Steward, 2011) i gruppi sociali sono descritti da un criterio più leggero dell’interrelazione, ossia il senso di unità. In questa accezione sono gruppi sociali le donne, gli uomini, gli eterosessuali, gli omosessuali, il ceto medio, i poveri ecc., ma non solo: possono essere considerati gruppi sociali anche persone che adottano stili di vita che li identificano, come vegani, ambientalisti, motociclisti, giocatori di ruolo, ciclisti e così via; in altri termini, l’autoidentificazione da parte di un insieme di persone come aggregato sociale è sufficiente a definire un gruppo sociale, secondo questa visione.

Si consideri poi un piccolo elenco di risorse, opportunità e diritti necessari a definire una vita soddisfacente secondo gli standard culturali occidentali: lavoro, vita sociale, vita sentimentale, vita sessuale, sicurezza alimentare, sicurezza economica, sicurezza esistenziale, istruzione ecc. È piuttosto chiaro che non tutti i gruppi sociali hanno uguale accesso a tutte le risorse e i diritti elencati: per esempio, una persona transgender faticherà ad accedere a un posto di lavoro, soprattutto se nel mezzo del percorso di riassegnazione, così come una madre, o una donna che aspiri a diventarlo; una persona povera faticherà più di una benestante ad accedere a un percorso di istruzione, in quanto la povertà materiale si accompagna spesso a povertà educativa e culturale; una persona con background migratorio faticherà a sviluppare una rete sociale aperta e variegata a una vita sociale e sentimentale con persone del Paese di arrivo; una persona con disabilità avrà problemi ad accedere a una vita sessuale, nella misura in cui su tende a ritenere il corpo disabile come un corpo asessuato.

Quanto vale per i gruppi sociali definiti su base etnica, religiosa, di genere e così via può valere anche per gruppi sociali definiti da scelte e stili di vita: una persona vegana e un ciclista avranno meno possibilità di influenzare norme, valori e scelte politiche; lo stesso vale per un ambientalista, o per una femminista, ecc. All’estremo, si può dire che la costituzione italiana definisca l’esistenza di un solo gruppo dominato, che è quello dei fascisti; per tutti gli altri, invece, impone un principio di equità. 

L’articolazione tra gruppi sociali diversi fa sì che i contesti di vita, dal territorio urbano alle offerte di beni e servizi, non siano disegnati avendo in mente esigenze minoritarie e marginali, ma quelle dei gruppi dominanti; questo avvia alcuni gruppi dominati sulla strada dell’esclusione sociale, come nel caso dei poveri, mentre espone altri a rischi anche importanti, come nel caso dei ciclisti. È opportuno dire che l’intersezionalità, ossia l’appartenenza a più gruppi sociali contemporaneamente, può diluire alcune discriminazioni: infatti, un ciclista può essere anche uomo e bianco, e questo compensa la disuguaglianza iniziale, mentre un giocatore di ruolo può essere eterosessuale e cisgender, riconquistando parte del potere perso inizialmente. È altrettanto opportuno dire che i livelli di oppressione di diversi gruppi sociali dominati non sono uguali: chiaramente, la condizione di una donna iraniana non è paragonabile a quella di un uomo vegano. 



Compito della psicologia di comunità è muoversi nella complessità del sociale, che identifica gruppi sociali vecchi e nuovi, in un pullulare instancabile di categorie e identità sociali, e verificare di volta in volta come e quanto l’appartenenza a un gruppo sociale apra o chiuda una cittadinanza; la leva di cui dispone la psicologia di comunità per intervenire sugli equilibri è principalmente la progettazione, come possibilità di avviare percorsi di organizzazione di comunità che riferiniscano gli assetti di potere esistenti. 

Pratto, F. and Stewart, A.L. (2011). Social Dominance Theory. In The Encyclopedia of Peace Psychology, D.J. Christie (Ed.). https://doi.org/10.1002/9780470672532.wbepp253




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